L’argomento è di quelli annosi ed è stato ed è trattato altrove con molta più compiutezza di quanto si intende fare qui. Mi riferisco all’immagine della donna come traspare oggi da due osservatorî privilegiati e piuttosto frequentati: la classe dirigente e la televisione (non toccherò il cinema, ma pare che il modello vincente, specie tra i giovanissimi, sia quello della derelitta pendente dalle labbra del maschio di turno: che poi quel ragazzone ben piantato del principe azzurro sia stato sostituito da ragazzetti emaciati con paresi maxillo-facciali, ahinoi!, vuol dire poco e, anzi, squarcia il velo su un altro grande tema, la demascolinizzazione). In particolare, ci si chiede spesso se la donna in televisione e nei ruoli pubblici, anche quando le è consentito di indossare un abito che non sia una svilente divisa atta a mettere in evidenza i tagli di carne più pregiati, non sia comunque prigioniera di stereotipi e preconcetti duri a morire e se, dunque, al mercimonio e all’esibizione di un’idea ferina dell’essere umano femmina esibiti, smaccati e rivendicati, non si affianchi un più latente e serpeggiante atteggiamento di cui la donna è oggetto più o meno inconsapevole o soggetto attivo ed entusiasta; la donna appare spesso legata a ruoli predeterminati mascherati dietro un’estetica e una fenomenologia tutte incentrate sul dogma dell’essere al passo coi tempi e di mentalità aperta ed è soprattutto la sua fisicità a determinarne la rappresentazione anche quando così non sembra ed è il suo corpo ad essere pubblicamente e continuamente vivisezionato, attraente sacco di muco, sangue, umori e bile. In questo articolo – giocato tra il serio e il faceto – non si mira a svolgere una trattazione esaustiva del tema (ripeto, ciò è fatto più e meglio altrove, in blog, organizzazioni, libri etc.), ma soltanto a proporre un elenco di immagini e situazioni (non me ne vogliano i personaggi citati, spunti per riflessioni altre, generali) che hanno attratto la mia attenzione e su cui vorrei attirare la vostra. Pronti, partenza, via!
La classe non è acqua: donne e classe dirigente
Prescindo dalla rutilante corte dei miracoli in rosa che turbina(va?) intorno al Matusalemme in fregola che ha presieduto il nostro governo fino a poco tempo fa, per soffermarmi su Nostra Signora della Confindustria, Emma Marcegaglia. Immaginate ora un uomo a capo di un’associazione importante che si prepara a salire su un palco e a parlare durante una riunione: cosa fa? Arriva, stringe qualche mano, al massimo dà e riceve un po’ di pacche sulla spalla e si reca sicuro a fare la sua parte. Pensate ora all’ingresso tipico di Marcegaglia (mi scuso, ma non ho reperito video e foto; basterà la visione di qualche servizio dei telegiornali a proposito di Confindustria per capire di cosa parlo): ella appare essere una tipa gioviale, molto, forse troppo nelle occasioni ufficiali, con tutti quei sorrisini e quei saluti a suon di baciotti sulla guancia, non adatti al suo ruolo e talvolta esagerati pure per una buona padrona di casa. Il succo è: perché non ci aspettiamo che un uomo faccia altrettanto? Perché saremmo straniti se – che so io? – un Montezemolo salutasse i presenti schioccando baci? Con una donna, invece, si dà quasi per scontato che le cose vadano così: i colleghi uomini la saluto naturalmente con baci e sorrisini e vezzeggiamenti cordiali, lei ricambia naturalmente tale atteggiamento e si presta ad incarnare il volto ingentilito (?!) di Confindustria. In molti si riferiscono a lei chiamandola soltanto Emma (che è? Un cane?) e taluni energumeni la invitano con leggerezza a prendersi una camomilla e ne storpiano il cognome in Marciagaglia (si veda qui, ad esempio; tale atteggiamento riservato alla femmina che deve tornare a cuccia sarà ripreso più avanti a proposito della televisione). E si è beccata pure della velina, qualifica spacciata per complimentosa e scorreggiata direttamente dal palco dell’Assemblea di Confindustria dall’incontinente ex primo ministro (Dio ce ne scampi e liberi!). Questa eccessiva familiarità, questo venire meno dell’ufficialità si accompagna – sarà una coincidenza? – a uno dei periodi più bui della Confindustria e la presidentessa paga la sua sovrabbondante cortesia con un vuoto di potere e con la perdita di incisività di sue proposte e interventi.
Va meglio a Susanna Camusso, che mostra di avere un po’ più di consapevolezza del proprio ruolo.
Umiliante è, poi, il discorso delle quote rosa, che pongono le donne alla stregua di bestiole indifese da tutelare indipendentemente dalle reali capacità e che offrono una bandiera comoda da sventolare per rimediare voti e consensi: una donna occupa un posto perché è brava, non per quota predeterminata, altrimenti si finisce per fare largo alle Carfagne (tanto per citarne una…non me ne voglia!) tanto per fare numero. Diciamo che se le donne dell’attuale governo, su cui le aspettative sono di per sé alte, contribuiranno a scrivere una pagina di autentica parità nella classe dirigente del paese, ci sarà da levarsi tanto di cappello. Incrociamo le dita. 😕
Televisione
Io di televisione ne guardo poca (non è né un vanto né una professione di colpa, ma una constatazione) e pochi canali: perciò prenderò in esame alcune realtà che conosco, sperando che voi mi informiate su quanto non conosco!
Donna Pubblicità (sulle note di Donna Felicità :))
Certo, le donne non sono più paciose e mansuete casalinghe in stato catatonico davanti al dado da brodo e non sono soltanto semplici giunoniche giovenche in déshabillé; il fatto è che le donne saranno pure diventate super, un esercito di femmine, meglio se mamme (perché la donna al 100% si esplica ancora in famiglia), con il corpo 90-60-90 fasciato da corazze abbatti-microbi, ma tocca ancora quasi esclusivamente a loro lavare, stirare, cucinare, esser portate a cena fuori, essere riaccompagnate, combinare in modi sempre nuovi la mozzarella. Tutto questo quando non sono preda di ingestibili pruriti intimi o sono momentaneamente libere da dolori mestruali degni dell’emorroissa (quella immortalata da Matteo nel suo Vangelo, 9, 20-22) e da perdite di urina tanto maleodoranti da stendere un alce a chilometri di distanza (ma un uomo a cui puzza e prude che prodotto deve comprare? Possibile che nessuna pubblicità venga in suo aiuto?!) o quando non sono impegnate a farsi diventare le rughe elastiche come le mutande di Fantozzi e il pancino piatto a suon di lassativi in barattolo all’ultimo grido. Nulla di male in sé nella gran parte (…!) delle attività succitate, ma possibile che debbano essere così sessuate anche quando sono travestite da novità dell’oltrespazio?
A Che tempo che fa Filippa che sta a fa’?
Natale. Il babbo guarda di sottecchi il nonno con aria complice e promettente, poi si volge verso la bambina e dice: «Filippa, recita al nonno, che quest’anno è andato in pensione e ha iniziato a coltivare la mentuccia, la poesia che gli hai dedicato!»; «Sììì – risponde ella sorridendo – ecco il nonno: da quest’anno pensionato, la mentuccia ha coltivato».
Se la scena vi è familiare, allora avete sicuramente visto una puntata di Che tempo che fa. Soltanto che, in televisione, la bambina è Filippa Lagerback, quasi quarantenne, svedese ma perfettamente parlante italiano, di certo all’altezza di ricoprire un ruolo meno umiliante (e ispirante simpatia, tra l’altro), e il babbo è l’aureo mediocre Fabio Fazio, principe dell’adulazione (magistrale il suo smascheramento ad opera di Nanni Moretti: potete rivederlo in questo video intorno al minuto 12:00) che ama definirsi “illuminista” e che pare credersi un distillato di moderno buon senso, rispetto e buone maniere. E, tuttavia, neanche Che tempo che fa sfugge alla logica della valletta minus habens: una presenza femminile in studio ci va, ma – per carità! – non facciamole fare niente, fedeli alla tradizione della bella statuina telecomandata da un conduttore che potrebbe benissimo fare a meno di tale apostrofo rosa (sarebbe più onesto e dignitoso per tutti, ma meno accattivante). Dalla prima edizione della trasmissione c’è un’avvenente signorina che, seduta su un trespolo, declama informazioni non necessarie (sono cose che ha già detto Fazio e che la poverina rimastica come meglio può) con sorrisi a favore di telecamera. Come se non bastasse, la natura accessoria delle parole proferite dalla fatina in questione è sottolineata dal tappeto di applausi che finisce per travolgerle nelle sue volute nonostante la disgraziata cerchi di distorcere quanto più può la bocca – sempre sorridendo, beninteso – alla ricerca di una seppur minima intelligibilità. A peggiorare la situazione ci si mettono i commenti di Fazio sul siparietto femminile: «Dai, dillo bene!» alla poverina, quella sera un po’ impallata, o «È brava, eh?! Ha visto/sentito?» ai comprimari più o meno coatti del paternalistico quadretto.
Lagerbeck si prende la scena e fa la parte del leone nello spazio in cui, come abbiamo visto, la donna trionfa, ossia lo spazio pubblicitario (inoltre, per il rarefatto Fazio pecunia olet, a giudicare dalle sue goffe, borghesuccie capriole a proposito del prezzo del libro di Erri de Luca, come si vede in questo video intorno al minuto 04:00): qui ella si deve muovere tra arredamenti da fuori tutto IKEA e proporre acquisti per lo più improponibili o, nel migliore dei casi, invitare a fare della beneficienza (prendendosi in sovrappiù i vaffanculo da casa di coloro che la crisi ha reso troppo permalosi).
In un’intervista del 2007, alla domanda su quale fosse il suo ruolo all’interno della trasmissione, Filippa rispondeva: «Essenzialmente penso dare un tocco di femminilità alla trasmissione, soprattutto nell’introdurre gli ospiti. Per ora sono contenta di questa “palestra”, dalla quale spero di poter imparare molto, e in futuro, magari, condurre un programma mio». Ahilei e ahinoi, le cose non sono cambiate!
Non va meglio, in generale, alle ospiti femminili del programma, spesso oggetto dei salamelecchi puramente e doverosamente galanti del padrone di casa, che si professa già innamorato e che rimane incantato nove volte su dieci dalla bellezza dell’intervenuta, convinto che sia l’unico comportamento possibile riservabile e, quindi, riservato a una donna, specie se giovane e del mondo dello spettacolo (si veda – un esempio fra tanti – il caso di Elisabetta Canalis: qualcuno – assai fantasioso, ne convengo – le urla «Brava!» e il nostro Fazio non si scompone e commenta «E lo so, è bella!»: lo trovate all’inizio di questo video. E non ditemi che per fare il mea culpa di tanta arretratezza basti farsene dire di tutti i colori da Luciana Littizzetto la domenica sera!
La7- -: due o tre cosucce antipatiche sul rapporto della settima rete con le donne
- TG La7 o “Calano le tenebre, largo a Superman!”
Arrivò Enrico Mentana e nulla fu più come prima.
È parere di molti che le donne siano state e siano tenute lontane da certi ambienti sfruttando un’atavica divisione oraria maschio/femmina: in breve, la femmina di sera ha meno libertà di uscire perché deve badare ai bimbi e perché non è sicuro. Un ragionamento di questo tipo riflette una mentalità dura a morire che pare riprodursi nell’impostazione del telegiornale firmato Mentana. Il TG di La7 era una torta variegata di volti (i più assai professionali) maschili e femminili senza orari. Nel TG del magister opinionis Mentana le donne (professioniste quanto prima) non si capisce perché (…!) non sono più degne dello scranno serale, ma confinate al TG dell’ora di pranzo, rassicuranti fatine che spariscono nei loro rifugi al calare del sole, e gli altri uomini sono stati drasticamente concentrati in spazi di contorno: al ricciolo galletto piace starnazzare solo nel pollaio. Si fa eccezione nel fine settimana, quando, salvo notizie straordinarie che richiedano l’intervento dilagante dell’uomo solo al comando, il guerriero si riposa e compare Gaia Tortora (non la più brava delle giornaliste a disposizione del TG di La7, ma non sia mai che non si rimpianga il padre-padrone di casa); d’altra parte, sabato e domenica sono ammesse per le donne le cene fuori, magari – senti, senti! – sole e con le amiche! Il logorroico direttore dimostra grande considerazione per collaboratori e colleghi in genere, ma per limitarmi all’argomento del mio articolo (come avrete certamente intuito, sul direttore c’è tanto materiale da ispirare un altro scritto), mi limito a ricordare come talvolta si rivolga alle inviate (ed è già un miracolo che riescano a prendere la parola) con il piglio e la malagrazia del borghesuccio alla donna di servizio. Due esempi tra i molti che mi hanno colpito (purtroppo non ho trovato i video, ma nella memoria sono ancora ben impressi): Mentana prima invita la povera giornalista inviata all’ultima festa della Lega a Pontida (un evento talmente cruciale per i destini del Paese che il Nostro lo ha seguito praticamente in diretta, pronto a interpretare ogni rutto e scorreggia padani con i suoi valenti ospiti) a fare delle domande alla base insoddisfatta, poi, non contento (ma guarda po’) delle risposte di alcuni avvinazzati vichinghi in là con gli anni, rimprovera l’inviata chiedendo a gran voce interviste ai vertici della Lega; a Alessandra Sardoni, invece, è toccato starsene letteralmente parcheggiata sotto Palazzo Chigi (o era Grazioli? Mannaggia al venir meno dell’ufficialità!) durante un consiglio dell’ex-governo per riportare al direttore ogni movimento sospetto e ogni frase biascicata od origliata, e il Frost coi riccioli (ogni epoca ha i Frost e i Nixon che merita…!), quando si è stancato di questo giochino, ha optato per brevi domandine all’inviata, che ha esortato a rispondere con dei sì o con dei no, anche solo con cenni della testa (non metto l’espressione tra virgolette, non avendo trovato il video dell’episodio, ma la citazione è quasi letterale) …pretese che non si vedono neppure a Stelle a quattro zampe!
- Rivoluzione a In onda: niente più figa
Luisella Costamagna, secondo chi scrive, a In onda non si è dimostrata una giornalista all’altezza del ruolo e del compito cui era chiamata: era petulante, interrompeva, non permetteva di sviluppare ragionamenti, faceva domande poco ragionate, per nulla ficcanti, tese per lo più a rimestare nell’antipatia, nella scaramuccia, nel bisticcio; ma è stata ingiustamente e maldestramente allontanata dalla trasmissione, di cui era anche coautrice. Eppure il programma ruotava intorno a lei, ma in un modo che più triste non si può (e ormai conosciamo): si cominciava dai saluti, con Luca Telese che doveva appioppare aggettivi infelici alla collega per ricordare ai telespettatori sonnacchiosi che a In onda è pieno di figa; si proseguiva con Costamagna che nove volte su dieci illustrava l’argomento della serata e gli ospiti, focalizzando per un po’ su di sé l’occhio avido delle telecamera, che poi amava indugiare sulle più succulenti porzioni della giornalista, con inquadrature comprensive del sotto del tavolo al limite del buon gusto che hanno fatto storia su You Tube (vedasi qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui e qui…e crepi l’avarizia!) e non solo. La gragnola di interruzioni che la giornalista sparava su chi parlava faceva sì che il telespettatore in cerca del brivido felino non dovesse mai aspettare troppo tempo prima di riavere la telecamera puntata su di lei. L’andazzo sembrava collaudato per la gioia di grandi e piccini, ma poi un bel giorno si decide di cambiare e, come nella più becera delle aziende di provincia, a perdere il posto è la donna, accompagnata alla porta senza tanti complimenti, ma con strascico di polemiche (un assaggio qui e qui).
In onda prima versione (non so quasi nulla della seconda data la mia refrattarietà ai porri…) era un programma pieno di difetti visibili anche ad occhi profani e i due conduttori spesso non sapevano condurre, facendo sì o che la puntata sfociasse in una baraonda 🙂 senza capo né coda o che un ospite col polso un po’ più fermo prendesse il timone della trasmissione: possibile che l’unica soluzione che la rete ha sentito il bisogno di attuare è stato il siluramento di Costamagna, dopo averne sfruttato per tanto tempo l’immagine e visto che – ripeto – la medesima figurava tra gli autori del programma?!
In generale, guardando le scelte di palinsesto di La7, Costamagna può dirsi in buona compagnia (il che è tutt’altro che una consolazione) visto che, in maniera meno lampante e rumorosa della sua, sono altre le donne accompagnate alla porta nell’era Mentana (divisione di comodo, non è che si creda che la longa manus del direttore sia sempre coinvolta :)), spesso sostituite da maschietti. Qualche esempio: Corrado Formigli l’Apostata ha fatto piazza pulita dell’Exit di Ilaria D’Amico; è scomparso Victor Victoria condotto da Victoria Cabello. Daria Bignardi per questa stagione non è pervenuta. Tra i nuovi arrivi si segnala il programma di Gianluigi Nuzzi. Resta l’inossidabile Lilli Gruber, anche se sempre meno smagliante (la sua prima edizione in solitudine farebbe mangiare la polvere all’attuale Otto e mezzo). Già, Lilli Gruber: quanto sembravano moderne lei e le sue colleghe agli inizi, le prime donne nei TG Rai della prima serata, se paragonate all’intristente panorama della televisione attuale (ometto di parlare della maggioranza delle telegiornaliste Rai, specie 1 e 2, e di Merdaset per non mettermi a piangere… :cry:).
«Ma su La7 è arrivata Benedetta Parodi!» mi si obbietterà. Certo, per un manipolo di giornaliste e di conduttrici che se ne va, ecco che arriva l’ennesima portatrice sana di stereotipi che ci fa entrare nella sua cucina (ma non abbiamo ancora fatto indigestione?!). E riecco la donna che cucina, per di più nell’attualissima versione incapace tuttofare con prodotti congelati/surgelati e già pronti, alfiera di uno dei pochi modi di essere donna ammesso dalla televisione che si sintetizza nell’autoritratto che traccia Emory nel delizioso Festa per il compleanno del caro amico Harold (qui al minuto 04:28; ma, almeno, Emory le lasagne le sapeva preparare! :twisted:). Ora basta con La7, passiamo ad altro.
Inutilmente Giulia
Alla logica della valletta adottata da Che tempo che fa si allinea, pur con sue peculiarità, la gestione dell’elemento femminile (indispensabile!) ad Annozero e nella sua nuova incarnazione, Servizio Pubblico, programmi che hanno mille pregi (non per niente Servizio Pubblico è consigliato nel nostro elenco a sinistra :lol:) e un conduttore con la c maiuscola, ma che sul tema specifico oggetto della mia osservazione non segnano alcun passo avanti. Giulia fu Margherita fu Beatrice fu… sono puri simboli: alla loro presenza, prova ontologica di una presenza femminile, meglio se giovane, all’interno del democratico programma, non si accompagna spesso nessuna reale attività degna di nota e, in ogni caso, le attività in questione non richiederebbero la loro presenza e non ricavano un plusvalore dal fatto che siano loro a svolgerle. Certo, la squadra di Annozero e Servizio Pubblico non si accontenta della semplice valletta e sceglie figure con una qualche particolarità che rinfocolino il dibattito già alto intorno a tali programmi: la giovane con un passato e un presente politici ondivaghi, la carabiniera-schermitrice che si da alla televisione, la rampolla divisa tra la passerella e l’interesse per la politica e il giornalismo. Ma siamo sicuri che ci sia bisogno di queste statuine per presentare gli ospiti non illustri incazzati a vario titolo (mi si passi la definizione volutamente generica per quella che considero la compagine più interessante ospitata nel programma)? Si credeva che Giulia Innocenzi (fu Margherita fu Beatrice fu… sarà…?) avrebbe trovato un ruolo più consono alla propria dignità all’interno di Servizio Pubblico, ma l’aspettativa si è spenta alla prima puntata: questa volta gli incazzati per lo più si autopresentano o sono introdotti da Santoro e Innocenzi si occupa di coordinare la realizzazione di sondaggi bulgari (nostalgia dell’editto? :twisted:) condotti in maniera umiliante per tutti su Facebook: Santoro è un volpone (lo intendo come un complimento!) e sa sfruttare i mezzi di volta in volta più in voga ed era, quindi, prevedibile che si sarebbe interessato all’attivismo del mi piace, ma il risultato è deprimente oltre ogni aspettativa (se ne parla qui).
A cuccia!
Come promesso, torno a parlare di un atteggiamento diffuso, ossia della leggerezza con cui si mette a cuccia una donna che non si accontenta di indossare la stretta divisa imposta al suo ruolo nella dimensione pubblica, ma si impone come essere umano pensante a 360°: si passa dal parlare sopra alla donna in questione con fare paternalistico e correttivo per arrivare all’insulto spregevole. Esempi particolarmente antipatici di tale atteggiamento sono rappresentati dai modi con cui è stata zittita in più occasioni Concita De Gregorio (qualche esempio: ancora qui, poi qui, qui, dove divide la razione con Rosy Bindi, e qui), dal celebre gnocca senza testa indirizzato a Rula Jebreal o a Beatrice Borromeo da una voce misteriosa ad Annozero e dalle cosiddette signore appioppato in blocco alle ospiti dell’Infedele di Gad Lerner da un vecchio signore allupato intento a difendere la nave scuola della sua scuderia e già autore del famigerato più bella che intelligente, coniato per omaggiare Rosy Bindi a Porta a Porta; fermiamoci qui, per carità!
Sale sulle ferite
A proposito di programmi che non guardo, penso che sia utile per completezza citare quest’interessante articolo (a partire dal quesito iniziale, non dissimile da quanto si discute qui) sulla divisione dei compiti in alcuni programmi televisivi: Jane fa intrattenimento, Tarzan informazione. Naturalmente, ribadisco che aspetto anche i vostri esempi, le vostre segnalazioni e, soprattutto, le vostre riflessioni.
Una boccata d’aria fresca
Un esempio positivo in questa valle di lacrime? Io mi sento di proporre Rai News 24, modello di coesione felice e altamente professionale tra età, etnie, sessi: le mille diversità che caratterizzano la squadra di Rai News 24 rappresentano evidentemente una ricchezza per l’informazione di prima qualità offerta dalla rete. E voi che ne dite? Quali sono i vostri esempi positivi sull’argomento? Su, su, consolatemi!
A voi la parola!
— AGGIORNAMENTO DEL 27 DICEMBRE 2011 —
Visto che questo articolo nasce dall’osservazione di alcuni fenomeni, mi pare utile considerarlo un lavoro in corso e aggiornarlo con noterelle di quando in quando (sperando anche che qualcuno di voi mi dia una mano!), ogni volta che salta all’occhio qualcosa di notevole sull’argomento o che si modifichino le situazioni che ho descritto. Ebbene, quest’ultimo caso sta dietro il presente aggiornamento e riguarda il capitolo La7 (si veda sopra).
Chi ha guardato La7 in questi giorni avrà notato alcune cosucce (no, non parliamo delle dimissioni carpiate con doppio, maldestro avvitamento e rientro di Enrico Mentana, che vanno ad ingrassare un’ipotetica fenomenologia del direttore 😈, ma di novità che riguardano l’argomento del nostro articolo). La pubblicità ci informa che da gennaio torneranno le Invasioni Barbariche di Bignardi (da me citata tra le disperse), ma soprattutto che Michela Rocco di Torrepadula coniugata Mentana, già dall’estate 2011 su La7d, sbarcherà su La7 in compagnia di Gianfranco Vissani (e rieccoti il tandem di conduttori lui-lei!) con Ti ci porto io (le battute qui vengono facili…) 😮 ! Mi si conceda di adoperare un po’ di cattiveria, di malpensiero e di non considerare del tutto innocente quest’ultima novità: sarà che all’Italia del “largo ai giovani” continuano a piacere le dinastie, le parentele, gli incroci, le raccomandazioni, le scorciatoie, le trote e i pierfigli, ma un po’ di puzza di bruciato, di provini mancati, di mortificazione della meritocrazia, di scelte guidate si sente :roll:…si vedrà, meglio non farsi prendere la mano da condanne preventive. E poi forse si tratta soltanto di un prendi 2 paghi 1!
Non mi soffermo sull’arrivo di Dandini & co., che si inserisce nel discorso più complesso dell’esodo di professionisti da una Rai sempre più autolesionista ad una La7 che non può non vedere di buon occhio questo movimento migratorio destinato a non fermarsi tanto presto.
Questo è tutto. Per ora. 😎
Vox clamantis in deserto
(il Bacino di Decantazione)